sabato 12 luglio 2014

Il futuro di Rai Way nella telefonia mobile

Quattordici anni fa, nel lontano 2000, Télédiffusion de France mise sul piatto 1.150 miliardi di lire italiane per portare a casa il 49% di Rai Way. I francesi spiegavano, nel loro piano industriale, di puntare «a un'alleanza con Wind» e con Rai Way per infilare un piede, magari anche due piedi nel ricco mercato dei cellulari italiani. Una grande idea che poi, nel 2001, fu fermata dal governo Berlusconi. I banchieri, che hanno eccellente memoria, pensano sia ancora questa la strada migliore per Rai Way, ora che la società pubblica dei ripetitori viaggia verso la Borsa. E cioè entrare con forza a braccetto dei nuovi soci nel settore degli smartphone, del trasporto dati in mobilità, della telefonia.

La visione di (alcuni) banchieri emerge chiara ieri mattina, nella Sala degli Arazzi al piano terra di Viale Mazzini. Qui il direttore generale della tv di Stato Luigi Gubitosi raccoglie 80 tra avvocati d'affari, consulenti e super-banchieri per quella che gli esperti chiamano management presentation. La Rai mette in mostra i dirigenti che pilotano la sua Rai Way. E la società statale che ha in tasca oltre 2300 stazioni «trasmittenti e ripetitrici», una rete di satelliti, due centri di controllo (a Roma e Milano) e un utile netto di 11,8 milioni (nel 2013). Si parla rigorosamente inglese in sala e anche i dirigenti delle nostre reti pubbliche in genere etichettati come brutti e cattivi fanno una buona figura. Gli ospiti sono i registi della quotazione di Rai Way, attesa per questo novembre. In sala c'è Federico Imbert, ad esempio. È l'amministratore delegato di Credit Suisse Italia, la banca che dicono sempre gli esperti del genere è global coordinator e anche joint book runner della quotazione. Quando per gioco infila il casco dei tecnici di Rai Way, spiritoso omaggio della tv di Stato agli ospiti, Gaetano Micciché magari non lo riconosci. Ma c'è anche l'amministratore delegato di Banca Imi in visita alla Rai. Banca Imi (gruppo Intesa Sanpaolo), come sopra. E Global coordinator e joint book runner della quotazione. Ancora. Nella Sala degli Arazzi, si notano dirigenti di punta di Mediobanca (che è anche lei global coordinator). Dirigenti di punta di Citi e Bnp Paribas (altri book runner). Dirigenti di Leonardo (l'advisor). E grossi papaveri di grossi studi legali, come Bonelli Erede Pappalardo (che cura gli interessi di Rai Way) e Clifford Chance (delle banche). Tutti insieme, a riunione sciolta, faranno visita agli impianti di Via Teulada prima di un pranzo in un hotel di grido.

Ma quel che conta - al di là dei nomi e dei brindisi benauguranti - è il clima che respiri nello storico salone di Viale Mazzini. Il vento spinge Rai Way che trasporta il segnale tv come suo lavoro principale verso un ruolo (anche) da operatore di rete al servizio di una qualche società della telefonia. Scenario che non sembra sorprendere i dirigenti di Rai Way (ci sono l'ad Ciccotti, il presidente Sergio, il consigliere di amministrazione Russotto). Sul piano tecnico - spiegano quelli della Rai, sicuri – la rete sarebbe già in grado di rispondere alla nuova missione. Già adesso, d'altra parte, le sue antenne danno ospitalità a operatori della telefonia mobile, anche per le sofisticate trasmissioni con tecnologia Lte.

La strada verso la Borsa è ancora lunga. Il progetto andrà descritto, punto per punto, nel prospetto informativo che avrà bisogno del semaforo verde della sentinella dei mercati (la Consob). Poi ci sarà la presentazione agli analisti, quindi la tournée per cercare investitori nel mondo. Il road show, in casi del genere, tocca Londra, Parigi, Francoforte, quindi gli Usa. Soprattutto il dg Gubitosi spera che per novembre si sia attenuato il vento gelido sui mercati che ha fatto due vittime illustri in queste ore: Rottapharm e Sisal, costrette a rinunciare alla quotazione. D'altra parte nella Sala degli Arazzi risuonano ancora le note di "My Way" di Sinatra (con un imitatore che la trasforma in Rai Way). Insomma: la strada della società è tracciata, ora corre incontro al suo destino, qualunque esso sia.

di Aldo Fontanarosa
per "La Repubblica"

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