domenica 13 luglio 2014

Bernabei contro Freccero: "Insulto agli spettatori"

«Mi meraviglio che Carlo Freccero, che ha lavorato tanti anni nella tv generalista anche in Rai, non conosca la differenza con la pay-tv. La prima si pone l’obiettivo di raggiungere un pubblico il più vasto possibile, la seconda si rivolge alle nicchie del mercato».

All’indomani delle esternazioni del neodirettore del RomaFictionFest, che stigmatizza la fiction italiana definendola «edificante con eroi, giudici, santi e rivolta al passato», le reazioni non si fanno attendere. Luca Bernabei, amministratore delegato di Lux Vide, si sente chiamato in causa e reagisce indignato: «In quanto produttore di serie come “Don Matteo”, mi sento insultato io insieme agli 8 milioni di persone che la seguono. Il suo discorso è molto elitario e si permette di fare ironie su milioni di telespettatori, ma non mi stupisce più di tanto: da altri “intellettuali” come lui ho sentito fare battute del tipo “speriamo che Ciro, cioè il protagonista sanguinario di “Gomorra”, uccida presto Don Matteo».

Per quanto riguarda poi la qualità e il tipo di pubblico che segue i prodotti di Rai 1, che Freccero ha definito «attempato e che si rifugia nel ricordo dei tempi andati», Bernabei obietta: «La nostra platea composta da rimbambiti? Tra i nostri spettatori, ci sono il 25,28% di laureati e il 31% di laureate; tra il 30 e il 40% di donne del Nord Est e tra il 40 e 43% del Centro Nord. Inoltre, un target commerciale tra i 25 e i 44 anni di età. Una curiosità? Le 10 fiction più viste nel 2014 dagli abbonati Sky, la pay-tv magnificata da Freccero, sono stati 10 episodi proprio di “Don Matteo”».

Sul fronte della «mancata sperimentazione» che lamenta Freccero da parte di Rai 1 e Canale 5, Bernabei ribatte: «L’innovazione di contenuti non si misura con la quantità di litri di sangue che si vedono scorrere sullo schermo. E comunque la sperimentazione che può fare la tv generalista deve essere mirata all’allargamento del target, non dimenticando lo zoccolo duro degli affezionati. Inoltre, la mission della Rai in particolare, che è servizio pubblico, è quella di parlare a tutti! L’Italia non è un Paese bigotto, bensì laico che sceglie di vedere una fiction come “Don Matteo” che è detection, dove però si parla anche di valori».

Poi il produttore, come un fiume in piena, aggiunge: «Sono stufo di queste sterili polemiche demagogiche, fatte per far parlare di sé. È sbagliato che una persona, che dovrebbe essere super partes, rilasci simili dichiarazioni. Io al festival diretto da Freccero non manderò nessun nostro prodotto, e magari lui sarà contento, ma si ricordi che l’unica vera differenza che esiste è quella tra fiction fatta bene e quella fatta male».

Intanto Marco Follini, presidente dell’Associazione produttori televisivi che organizza la vetrina romana, rinnova la fiducia a Freccero, ma puntualizza: «L’ho voluto per convinzione e non per “disperazione”, come scherzosamente ha detto lui».

di Emilia Costantini
per "Corriere della Sera"

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